INTERVISTA ALLA FOTOGRAFA AURORA MALETIK A CURA DI GIOIA LOMASTI
Nasce in Puglia Aurora Maletik l’artista di origini croate con influenze iberiche, un mix di etnie che hanno determinato il suo stile mitteleuropeo, in un genere ricercato, narrativo e filmico in continua evoluzione. Comincia sin da bambina a fotografare soggetti femminili, improvvisando con loro scenografie e travestimenti, e autentici set cinematografici per rendere vive le sue opere. La passione per il cinema, la musica, e le arti visive in genere viene evocata nelle sue immagini fotografiche, frammenti filtrati da quel suo mondo onirico dove ama inoltrarsi per sfuggire alla realtà, alla ricerca sempre di un altrove tutto da scoprire. Spesso, si ritrova lei stessa a essere protagonista delle sue opere fotografiche e, a fare di questa incessante ricerca lo scopo di una vita consacrata all’Arte e alla Bellezza. La sua intensa attività artistica spazia da personali di fotografia a progetti più complessi come cortometraggi, fumetti, campagne pubblicitarie: Fuorisalone – Milano Design Week. Riceve inoltre, riconoscimenti nazionali e internazionali: Biennale Internazionale d’Arte del Mediterraneo – Palermo; Premio Internazionale Arte con il Premio della Critica – Milano; Premio Internazionale Arte – Berlino. Vince il Premio della Critica nella I° edizione del Festival del Cinema sul Ponte – A cura della Dreamworld Picture.com. Meriti che confermano puntualmente il suo valore di artista versatile e poliedrica.
L’istante impresso in uno scatto cosa deve lasciare al tuo pubblico?
A volte penso alla mia macchina fotografica come ad un corpo con un’anima ed una mente pensante, ad un vero e proprio prolungamento della mia psiche con cui interagire e scambiare informazioni. Quello che voglio lasciare al mio spettatore, attraverso le immagini, è una sensazione, qualcosa che lo porti lontano e altrove. Vorrei liberare un’emozione che riesca a scuotere il suo immaginario, che gli fornisca gli elementi in cui potersi specchiare per ritrovare un piccolo frammento della sua essenza. Trovo che non sia un semplice esercizio se non si è ben equipaggiati, se non si possiede un bagaglio carico di cultura, sensibilità ed esperienza. D’altronde, penso che sia proprio questo il compito dell’arte in assoluto: scuotere le coscienze.
Che soggetti ami rappresentare e perché poni grande risalto alla figura femminile?
Viviamo in un’epoca in cui la comunicazione corre veloce, migliaia di immagini attraversano ogni giorno la nostra psiche. Le immagini ci soffocano e l’uso del digitale ha in qualche modo penalizzato l’arte fotografica. Tuttavia, al tempo stesso, si sono aperte nuove frontiere, sia mediante la facilità con cui si accede al mezzo fotografico, sia mediante la possibilità di modificare le immagini in post-produzione. Il mio stile fotografico parte da lontano: ho cominciato con l’analogica e avuto la fortuna di sperimentare camere oscure, profumo di pellicola e di attese per ri-portare alla luce uno scatto, il solo. Inoltre, per “Maestri ho avuto I miei occhi” (diceva il grande Antonioni), e tutto quello di cui mi sono nutrita (libri, film, brani musicali e sogni). Il mio viaggio all’interno della fotografia è stato tutto un labirinto da districare, un’introspezione su me stessa dove i soggetti femminili sono i miei matrix da superare, gli specchi che ho dovuto attraversare per comporre l’intera opera della mia esistenza. La mia fotografia cerca aree più complesse per esprimersi, ama inoltrarsi in territori più indefiniti, surreali, dove i soggetti stessi, a volte, possono intraprendere il loro viaggio, se riescono a scambiarsi ruoli e stati d’animo. In certi casi, in particolari atmosfere, sono io stessa ad entrare in scena, messa a “nudo” davanti al mirino, come un autentico catalizzatore di quel mondo femminile fatto di troppe cose ancora da esplorare.
Sei giunta in posti d’onore e hai ricevuto premi e riconoscimenti; ci puoi dire qual è il filo conduttore che lega il tuo modo geniale di esprimerti in una sintesi così immediata come quella di un clic?
Direi passione e lasciare che le cose accadano evitando di sgomitare, perché la fotografia è un modo di vivere, di osservare le cose, le persone, i volti della gente, la vita che scorre accanto. Chi vive la fotografia resta in qualche modo come bloccato in un film, in una realtà spesso capovolta, perché solo immaginata e interpretata. Poi, tutto il resto, come premi e riconoscimenti, sono sì gratificazione, ma anche fortuna. Oggi non è facile affermarsi, il periodo è piuttosto buio, non si vive certo un’epoca felice per tutto ciò che riguarda il mondo della cultura.
I social network a tuo parere sono essenziali per fasi conoscere?
I social network hanno, a mio parere, cambiato notevolmente il modo di percepire la realtà, hanno creato una frattura tra la verità e l’idea di bellezza così come, invece, eravamo abituati a concepire prima dell’era tecnologica. I social sono funzionali alla popolarità che, più o meno, un utente riesce a conquistare. Gli effetti della globalizzazione hanno portato a una totale massificazione delle tendenze. Non penso più alla bellezza come salvatrice del mondo, ma piuttosto, a un’invasiva “età barbarica”, al totale disincanto, dove al bello e geniale si è sostituito il commerciale, il mediocre e banale.
Come si raggiunge valore e professionalità? Ritieni che il fotoritocco sia essenziale ad uno scatto? La scelta della fotografia su che base solitamente si affina per giungere al punto essenziale del progetto?
Questa sì che è una bella domanda! Direi che quel valore si raggiunge quando si perviene a un punto di equilibrio interiore e viene messo al riparo quel dialogo intimo con sé stessi. Dunque, si ottiene quando la complessità dell’esistenza diventa prima visione mentale fugace, poi scena immobile materializzata ed eterna. La fotografia è un’arte colta e raffinata, non sempre di facile interpretazione, perciò, in un’epoca in cui chiunque può ottenere uno scatto da esibire e magari vantare, è troppo faticoso riportarla sul giusto piedistallo. Tuttavia, il fotoritocco può anche far risorgere qualcosa che altrimenti andrebbe cestinato; ed ecco che sorge un problema di carattere etico sulla questione dell’immagine sensibilmente modificata in post produzione. L’uso esasperato di effetti speciali, a mio avviso, non fa che generare ulteriore confusione. Ma, quale sarà il destino della fotografia non si può certo immaginare, sicuramente si dovranno trovare nuove strade, altrimenti…
Cosa rappresenta per te il chiaroscuro in una fotografia?
Il bianco e nero lo trovo più affascinante e complesso, decisamente più artistico se rapportato al mondo a colori in cui viviamo. Spesso pensiamo in bianco e nero, i cui rimandi sono infiniti: dal cinema al jazz, alla memoria di un tempo, oppure alla materia dei sogni che tante volte ci appare fatta di luci ed ombre. Le immagini in bianco e nero seducono, costringono a decodificare una dimensione più astratta, ci spingono nei labirinti delle emozioni più profonde.
SITO UFFICIALE auroramaletik.it